Usi e costumi

Il termine cimbro “tzimbarar” dal quale deriva il nome Cimbri, significa “artigiano del legno“. I Cimbri infatti erano abilissimi boscaioli, falegnami e soprattutto “scatoleri”. Con una tecnica consolidata e tramandata di padre in figlio ricavavano dai grandi faggi del Cansiglio sottili assicelle, “i crivelli” che opportunamente sagomati e assemblati si trasformavano in svariati prodotti di largo consumo. Erano fasce da formaggio usate nelle malghe, madie cilindriche, dette “brent“, per la conservazione dei cibi, passini per la farina detti “tamisi” e molti altri utensili e attrezzi da lavoro. Il baratto e la vendita di questi oggetti nei paesi circostanti e col tempo anche all’estero, consentiva loro di procurarsi tutto il necessario al vivere quotidiano.

Le giornate dei Cimbri

La famiglia cimbra si svegliava di buon’ora per recarsi, uomini, donne e bambini, nel bosco presso la “huta” dove tutti contribuivano alla lavorazione degli “scatoi”. Rimanevano in casa solo le persone molto anziane con i più piccoli, che spesso venivano mandati nelle malghe ad acquistare latte, burro e formaggio, oppure a prendere l’acqua nelle rare sorgenti o nelle pozze d’acqua piovana dette “lame”. A mezzogiorno, affrontando per tempo lunghe camminate, si portava da mangiare a quanti si trovavano a lavorare nel bosco. Solo alla sera dopo cena ci si riuniva per raccontarsi i fatti del giorno e intrattenere i bambini narrando gli avvenimenti della storia antica, le favole del folletto “mazariol” e le storie delle crudeli streghe dette “anguane”.
I Cimbri e il lavoro subalterno

Le qualifiche

Le qualifiche attribuite ai Cimbri, nei registri delle nascite conservati negli archivi di Tambre e Fregona sono molteplici: “tamiseri”, “scatoleri”, “falegnami” e “artisti”; e in proposito si riporta qualche esemplificazione: “26 ottobre -1851, Bonato Pich Pietro Francesco di Pich Luigi di Matteo e Padovan Marion Maria fu Francesco di Farra, ora in Cansiglio, spossati il 7-7-1845 a Farra. Padrini furono Gandin Gio.Batta fu Michele di Roana e Azzalini Luigia moglie di Luigi, ora in Cansiglio, cattolici “scatoleri”;”16 maggio 1851″, Girolamo di Azzalini Basilio fu Girolamo e Fabris Domenica di Matteo di Roana, sposati il 30 novembre 1843. Padrini Bonato Giuseppe di Matteo e Azzalini Maddalena moglie di Nicolò Slavi ero, tutti due tamiseri in Cansiglio. “27 ottobre 1845, Giacomo di Giovanni Slaviero da Roana e Costa Santa di Pietro, sposati a Pieve il29 novembre 1838. Padrini, Azzalini Cristiano artista, di Girolamo e Siaviero Elena moglie di Matteo Bonato”.
Infatti tutte le attrezzature portate dal paese natio, erano adatte a far crivelli “tamise”, cerchi “skatoi”, cilindri “brent”.
Tuttavia, certe circostante li indussero a dedicarsi a lavori subalterni. In quel tempo la foresta, almeno in certe parti, era ancora vergine: v’erano dei faggi annosi che, una volta tagliati, rovinavano altri alberi nella caduta, ma alle volte capitava che rimanessero ancora in piedi, sostenuti dall’enorme ramaglia di quelli che crescevano accanto. Bisognava dunque praticare un secondo taglio, un metro e anche più al di sopra di quello praticato alla base, per farli cadere, e, cadendo, facevano un eccezionale fracasso, rovinandone molti altri di quelli vicini. Ecco allora che, nel periodo di attesa delle concessioni, i Cimbri si dedicavano anche alla produzione del carbone, cosa vietata a tutti, tranne a loro che, col favore delle raccomandazioni, erano riusciti anche ad ottenere la concessione di far carbone e pojate nel bosco bandito.

Feste religiose dei Cimbri

Sant’Osvaldo è il patrono dei Cimbri. A Lui è dedicata la chiesetta votiva del Pian Cansiglio che, incendiata dai Tedeschi nel secondo conflitto mondiale, fu ricostruita nella seconda metà del 1900. La sua festa si celebra in Pian Osteria nella prima domenica di agosto ed è questa l’occasione per tutti i Cimbri di ritrovarsi. L’altra tradizionale ricorrenza religiosa è la festa della Madonna del Runal, che si celebra l’8 settembre. E’ consuetudine dei Cimbri, riunirsi a Campon per recarsi, tutti assieme al piccolo santuario, la sera prima o il mattino presto con il buio, alla luce delle fiaccole. Prima di rientrare a casa è usanza consolidata fermarsi in qualche osteria a gustare i tradizionali piatti di crauti e trippe.

Alimentazione dei Cimbri

Gli scarsi prodotti di un territorio dal clima molto rigido non erano sufficienti all’alimentazione delle famiglie cimbre, sottoposte al duro lavoro del bosco. Per questo nelle malghe si acquistava latte, burro e formaggio per la preparazione del “friko”, formaggio tenero arrostito in padella. Nei paesi vicini invece si barattava l’acquisto della farina da polenta in sostituzione del pane, considerato un lusso, dei fagioli e della carne. Molto diffusi erano i crauti, sconosciuti alla popolazioni limitrofe, ottenuti dalla fermentazione in mastelli di legno dei “capuz”, cavoli cappucci prodotti negli orti. Il vino veniva consumato unicamente nei giorni di festa, con il tradizionale piatto di trippe, nelle osterie dei villaggi cimbri.